Una serie di osservazioni suscita la lettura di questo lavoro. Tra le principali :
– « la tradizione letteraria è concorde nell’attribuire la fondazione di Rhegion ai Calcidesi d’Eubea » (p. 11), ma tra le fonti antiche l’a. propriamente cita anche una di quelle (Strabo 6, 1, 6) che rammenta come all’apoikia euboica avesse preso parte pure un gruppo di Messeni. L’esistenza di costoro è storicamente indiscutibile (anche se forse non ex arches). Per spiegare l’origine dei « dorismi nel dialetto di Rhegion » (p. 20) epigraficamente ben documentati tra II e I sec. a.C., l’a. non a caso finisce per sostenere l’affermarsi, all’epoca, di un tipo di dialetto « connotato dai tratti essenziali della koinè dorica ellenistica » (p. 19), frutto di una « scarsamente documentata [sic] fase linguistica di transizione di IV e III secolo » avviata, secondo la D’Amore, solo dopo la conquista siracusana della città nel 386 a.C. : anche in questo caso, neppure un cenno agli elementi peloponnesiaci presenti tra i Reggini fin da età arcaica ;
– « nel 433/2 Rhegion stipulò [sic] un trattato di alleanza con Atene » (p. 11) : da più parti si ritiene come nel settembre del 433 avesse verosimilmente avuto luogo il rinnovo dell’alleanza; completa concordia v’è, in ogni modo, sulla sua non originaria stipula all’epoca, poiché, come ben noto, ciò è quanto palesa epigraficamente la reincisione su rasura del relativo prescritto ;
– « a conclusione della guerra annibalica, Rhegion fu l’unica città del Bruzio a conservare lo status di civitas foederata, mentre il resto della regione fu dichiarato ager publicus (Polyb., 9, 1, 10 ; Liv., 23, 30, 9 ; 26, 12, 2) » (ibid.) : nessuna di queste, o di altre, fonti antiche definisce mai a partire dalla seconda guerra punica il Bruzio per intero, con la sola eccezione del Reggino, ager publicus populi Romani ; propriamente sono invece sia Dionigi d’Alicarnasso (Ant. Rom. Exc. XX 15) che Appiano (Hann. 61) a ricordare l’inclusione nell’a.publicus, entro la fine del III secolo, di metà della sola Sila silva (l’odierno Aspromonte insieme alle sue immediate propaggini settentrionali, costituite dalla zona delle Serre e del Poro) : insomma, a subire tale sorte fu esclusivamente parte di uno soltanto dei tre principali comprensori orografici dell’odierna Calabria ;
– « Topografia della città antica (impianti termali) » : una menzione almeno meritava (a p.16) la ricostruzione, avanzata dalla Lattanzi (in AAVVAAVV., Messina e Reggio nell’antichità, Messina 2002, p. 186-187), del contesto monumentale in cui le « ricche terme reggine di epoca imperiale » vennero realizzate (l’area su cui ora si trova la Banca d’Italia), visto che queste « probabilmente sorgevano nello stesso luogo ove era il ginnasio reggino tra II e I sec. a.C. », come documentato dalle lì rinvenute epigrafi D’Amore 4 e 5 ;
– « Alfabeto e dialetto » (p. 19) : v’è una lacuna, poiché la Jeffery nel suo manuale di epigrafia greca (Oxford 1990, II ed., p. 79 e fig. 27), tra i segni tipici dell’alfabeto reggino, rammenta propriamente anche il digamma reso a mo’ di [ che è così documentato, oltre che da alcune didascalie su vasi calcidesi (cf. L. Dubois, Inscriptions grecques dialectales de Grande Grèce, Genève 1995, nr. 42, 3 ss.), dall’epigrafe D’Amore 65 (ll. A1 e 3, B1) ;
– Iscrizione D’amore 1 (p. 22) : « il valore eponimico della pritania a Rhegion per l’epoca ellenistica è stato messo in dubbio in favore della diarchia ginnasiarchica (G. Cordiano, La ginnasiarchia nelle poleis dell’Occcidente mediterraneo antico, Pisa 1997, p. 112‑117), ma la formula che compare sui bolli di III‑II sec. a.C. dell’officina di MEMNWN (dove figura il nome di un unico magistrato, EPI FAINIPPOU) sembra confermare la tesi tradizionale dell’esistenza di un singolo magistrato eponimo » ; in realtà la Guarducci (Epigrafia greca, Roma 1967, vol. II, p. 496), in merito alla datazione del citato bollo laterizio, si era espressa con estrema cautela, in assenza di riscontri provenienti da contesti di scavo (« siamo, forse, nel III o nel II secolo a.C. »), e pertanto nulla vieta di continuare a ritenere che, prima del 71 a.C. (D’Amore 1), i due ginnasiarchi fossero, quanto meno a cavallo tra II e I sec. a.C. (tali d’altronde le datazioni di D’Amore 3, 4 e 5), la coppia di eponimi civici affiancata da un apposito grammateus all’interno dell’unica polis del mondo greco antico per la quale è documentata addirittura una gymnasiarchikè politeia (Iambl. V.Pyth.130) : si tratta di quanto avevo ribadito in « QUCC » 2000, 64,1 p. 169-170, né basta, per contrastare la ricostruzione operata nel mio volume del 1997, rammentare esclusivamente il su menzionato bollo laterizio (IG XIV, 2400, 9), dal momento che a quel punto bisognerebbe per completezza anche menzionare l’altro bollo laterizio reggino con, per l’appunto, due eponimi civici (IG XIV 2400, 8 : MEGISTEA / EPI ONASOU / EPI ARTEMIDWROU) ;
– Nell’ « Appendice » l’a. dichiara di aver raccolto « tutti [sic] i testi pertinenti alla città e a cittadini di Rhegion (…) rinvenuti fuori dal suo territorio » (p. 6) ; di conseguenza balza agli occhi una lacuna documentaria : manca un paragrafo dedicato a Sorrento, dove nel 1911 nella zona del Foro di età romana, tra i resti riferibili ad un tempio, affiorarono anche quelli di una serie omogenea di statue e gruppi statuari marmorei di divinità greche (oggi conservati nel locale Museo Correale) di età postclassica‑altoellenistica, includenti anche il frammento di parallelepipedo con inciso RHGINWN (SEG IV 84). In tal modo si è persa l’occasione di tornare, nel lavoro della D’Amore, a domandarsi come e quando da Rhegion questi gruppi statuari pubblici, effigianti anzitutto Artemide in groppa a cervidi ed equini (ma anche Dioniso e forse Hermes), fossero stati prelevati per pervenire infine nella città campana ;
– Iscrizione D’Amore 65 : Micito, il tiranno reggino successo ad Anassila, si ritirò sì a vita privata a Tegea in Arcadia, ma non « in seguito alla cacciata degli Anassilaidi » (p. 100) avvenuta nel 461/0 a.C. (teste Diod., XI, 76, 5), bensì per l’intervento nel 467/6 proprio dei figli di secondo letto del fondatore della dinastia, dei quali Micito era tutore (cfr. anzitutto Diod., XI, 66, 1-4 e, per un’analisi di tutte le testimonianze antiche, N. Luraghi, Tirannidi arcaiche in Sicilia e Magna Grecia, Firenze 1994, p. 222 ss.)
Risulta comunque meritoria anzitutto la pubblicazione, oltre che di 7 iscrizioni inedite (D’Amore 16, 31, 32, 42, 52-54), delle foto di gran parte delle iscrizioni greche reggine.
Giuseppe Cordiano